Cinque anni fa la tragedia del crollo del ponte Morandi di Genova. Vi proponiamo un nostro articolo di allora, che parla di come in un piccolo paese di mare della Sicilia, in quei momenti concitati e drammatici, ci si preparava al Ferragosto.

Mentre siamo col fiato sospeso per le tragiche vicende del viadotto Morandi di Genova, il mondo civile si prepara all’immancabile falò di ferragosto da organizzare sulla spiaggia con amici e parenti. “Una tragedia immane per la nostra città”, dice il sindaco di Genova, e intanto i morti aumentano: venti, poi trentacinque, poi chissà, mentre sui Social la commozione si coglie e il dolore si fa sempre più fitto.

Dal lungomare si sente il vocio e il frastuono per i preparativi di stanotte. Non è cinismo, né menefreghismo, molto più semplicemente è la vita che va avanti e l’impotenza dell’uomo nel fermare tragedie come queste. E non importa se qualcuno, da qualche parte, vorrebbe fermarla per un attimo, la vita, magari per riflettere. La vita non si ferma, anche se poco fa quei nuvoloni neri e quelle gocce fredde facevano presagire l’interruzione del  falò, il sole è tornato, per poi nascondersi e poi tornare ancora, quasi a dimostrare che le cose, malgrado tutto, vanno avanti.

Nel frattempo Salvini ringhia da Rai1: “Prima gli italiani”, con il ritratto di Falcone e Borsellino alle spalle, nell’ora di massimo ascolto, riferendosi ai finanziamenti fermi da anni per altre emergenze, che, dice lui, potrebbero essere dirottati per mettere in sicurezza le strade, le autostrade, le scuole, le montagne del nostro Belpaese. “Qualcuno può dire cos’hanno fatto i leghisti nei vent’anni in cui sono stati al potere con Berlusconi?”, si sente commentare dalla casa accanto. “Ma stai zitto, pensa alla sinistra”, risponde qualcuno. Ne nasce un alterco.

“Dunque anche i ponti crollano”, commenta sul lungomare un anziano signore che aspetta (anche lui) la notte di ferragosto. “Mica i ponti sono tutti uguali”, gli risponde l’amico. “Me lo ricordo il viadotto Morandi quando lo costruirono… Una delle opere più sicure del mondo, si disse. Si è visto”. L’amico si infervora: “Ma che c’entra! Oggi la tecnologia ti permette di fronteggiare qualsiasi avversità. Figuriamoci se non possono fare il Ponte di Messina”.  Altro alterco.

Intanto apprendiamo che fra i mezzi inghiottiti dalle macerie di Genova potrebbe esserci un pullman carico di passeggeri, mentre il sindaco continua: “Non mi interessa del passato, dobbiamo guardare al futuro. E il futuro è l’Alta velocità, le grandi opere”.

Frattanto torme di ragazzi arrivano da ogni dove e sfilano sul lungomare coi sacchi a pelo: come ogni anno, si stanno preparando per la fatidica notte in spiaggia. Alcuni di questi, domani mattina, saranno ubriachi fradici: fortunatamente è stato predisposto un ottimo servizio ambulanze. Camminano a passo veloce e poi corrono per sistemarsi sulla sabbia ancora umida.

I “marocchini” (appellativo con il quale i siciliani definiscono “tutti” gli extracomunitari) sfilano con la mercanzia sempre più difficile da vendere, visti i tempi. All’ora di pranzo erano esausti per una mattinata trascorsa sulla spiaggia a macinare chilometri nella speranza di vendere un pallone, una collanina, un salvagente. Ogni giorno alla stessa ora si danno appuntamento nello stesso generi alimentari per farsi i panini e stendersi all’ombra del vicoletto.

È l’imbrunire. Il ragazzo rimasto indietro corre per raggiungere il gruppo.

Luciano Mirone