“Ridate la scorta ad Antonio Ingroia”. Questa la richiesta che il movimento palermitano Scorta civica, assieme al giornale Antimafia duemila (attraverso una raccolta di firme che sta raccogliendo apprezzamenti da tutta Italia), lancia allo Stato per il “rischio molto alto” al quale è sottoposto l’ex Pm, sia per i processi  importanti che egli ha portato avanti come magistrato in oltre trent’anni di attività (conseguendo successi con condanne di boss e di uomini dello Stato collusi con Cosa nostra), sia per l’intenso lavoro che sta facendo oggi come avvocato.

La richiesta – primi firmatari Moni Ovadia, Ivano Marescotti e Giuseppe Lumia – è stata inoltrata ieri al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, al Presidente della Camera, al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Interno e al Ministro della Giustizia, ed è accompagnata da un documento che ne spiega i motivi.

“La decisione del ministro Minniti (il riferimento è alla legislatura scorsa, ndr.) di togliere la scorta ad Antonio Ingroia – si legge nel comunicato di Scorta civica – , dopo 27 anni, e a due settimane dalle sentenze di condanna al processo sulla Trattativa Stato-mafia, di cui l’ex Pm è considerato il padre, è inammissibile per gravità, per infondatezza e tempistica”.

“Ingroia è in pericolo – seguita il movimento palermitano attraverso le parole pronunciate nei giorni scorsi da Antonino Di Matteo – , perché Cosa nostra non revoca le sue condanne a morte“, non solo per i processi che l’ex Pm ha istruito in passato, ma perché oggi, in qualità di avvocato, è “difensore di parte civile della famiglia Manca, e dei familiari dei carabinieri Fava e Garofalo, uccisi dalla mafia nel 1994″. Due casi – secondo i firmatari – collegati con il processo Trattativa.

“Nel 2009 – si legge ancora – il boss latitante Domenico Raccuglia fu arrestato a Calatafimi, vicino la casa dell’ex magistrato, mentre stava preparando un attentato. Nel 2011 Marco Marino riferì al Procuratore aggiunto di Reggio Calabria che la mafia e la ´ndrangheta avevano pronti 20 chili di tritolo per farlo saltare in aria”.

Ingroia, dice ancora il movimento, “ha difeso collaboratori di giustizia come Armando Palmeri, mentre un altro collaboratore di giustizia, Carmelo D´Amico, nel 2015 riferí, con dovizia di particolari, su specifici progetti omicidiari nei confronti di Ingroia e Di Matteo”, senza contare le contumelie lanciate da Totó Riina nei confronti dell’ex Pm, definito “Il re dei cornuti” dallo stesso boss.

“L´improvvisa rimozione di ogni protezione – prosegue Scorta civica – che, dopo la sentenza di aprile, avrebbe dovuto essere rafforzata, sarebbe interpretata dai boss mafiosi che Ingroia ha contrastato per 25 anni,  come un segnale di abbandono da parte dello Stato”, in quanto “trattasi di soggetti spietati quali Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e i capi della ´Ndrangheta calabrese”.

“Ci batteremo – concludono i firmatari – finché non saranno ripristinati idonei dispositivi di protezione per Antonio Ingroia, ad alto rischio attentati. Consegneremo la presente petizione a tutti i Prefetti e organizzeremo presidi con Scorte Civiche e con Antonio Ingroia in ogni provincia d´Italia”.

Luciano Mirone