Nelle aree ad alto inquinamento del Paese – dall’Ilva di Taranto a Porto Marghera o Gela, 45 siti in tutto – l’impatto ambientale sulla salute è drammatico: la mortalità risulta più elevata del 5%. In particolare +4% per gli uomini e +5% per le donne. In termine assoluti 11.992 persone decedute in 8 anni, di cui 5.285 per tumori e 3.632 per malattie cardiocircolatorie. Sono gli ultimi dati dello studio ‘Sentieri’, coordinato dell’Istituto Superiore di Sanità, che riguardano gli anni 2006-2013 e confermano il trend di ‘eccesso di mortalità’ registrato nelle rilevazioni precedenti, 1995-2006. Gli aggiornamenti del rapporto sono stati presentati oggi a Roma in un workshop organizzato dall’Istituto superiore di Sanità e dal ministero della Salute.

“Sentieri – spiega all’Adnkronos Salute Pietro Comba, ricercatore Iss e responsabile scientifico del progetto – ha permesso di monitorare l’impatto sulla salute delle persone che vivono nelle vicinanze di 45 siti con criticità ambientali per 20 anni. Si tratta di un progetto che, ora, deve diventare un sistema di sorveglia permanente. E questo per due motivi. In primo luogo perché, mettendo in evidenza i problemi di salute legati ai siti, consente di indirizzare l’attività di risanamento (economicamente rilevante) che necessita di scelte. E’ importate sapere, infatti, se in queste aree serve investire nell’aria, nell’acqua o nella catena dell’alimentare per guadagnare di più in termini di salute. In secondo luogo il sistema può farci capire se il risanamento ha funzionato. Se questo è accaduto deve ridursi anche l’impatto sulla salute”.

Un trend che è già stato possibile rilevare in alcune aree. “Ci sono siti come quello di Brescia – continua Comba – dove gli interventi sono cominciati dai primi anni 2000, e là abbiamo visto che l’eccesso del melanoma e del linfoma non Hodgkin si sta riducendo. Al contrario, soprattutto al Sud, abbiamo dei siti industriali pesantemente contaminati, come Gela e Priolo in Sicilia, o Taranto in Puglia, dove continuiamo a rilevare dati epidemiologici che ci segnalano criticità”.

I 45 siti, dove vivono 6 milioni di persone in 319 Comuni, si trovano lungo tutto lo Stivale: oltre all’Ilva in Puglia e le miniere del Sulcis in Sardegna, il petrolchimico a Porto Marghera in Veneto, Gela in Sicilia, Casale Monferrato in Piemonte (per l’amianto) o il litorale flegreo (per i rifiuti tossici). In queste aree i tumori maligni aumentano del 9% tra 0 e 24 anni. Il numero di malattie tumorali per i giovani rispetto ad altre zone non inquinate è superiore del 62% per i sarcomi dei tessuti molli, del 66% per le leucemie mieloidi acute; del 50% per i linfomi non Hodgkin.

Anche per i giovani tra 20 e 29 anni che vivono in queste aree si registra un eccesso del 50% di linfomi non Hodgkin e del 36% di tumori del testicolo. Più alto, rispetto alle aree non contaminate, del 6-8% anche il numero di bambini e ragazzi ricoverati per tutte le patologie.

Immagine d’apertura: il petrolchimico di Gela in Sicilia

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