E’ importante quello che dice il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho a proposito della sentenza scaturita dal processo Stato-mafia (condanna per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia assieme a Silvio Berlusconi, e per i vertici del Ros, Mori, Subbranni e De Donno), che ha riconosciuto l’esistenza di una ‘trattativa’ ai massimi livelli istituzionali: “C’é un passato da ricostruire attentamente – dice De Raho – guardando a quelle parti dello Stato che non hanno fatto quello che dovevano fare”.

La strage di Capaci. Sopra: il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho

Dunque il procuratore nazionale antimafia non si limita a fare un’analisi generica sui rapporti inconfessabili fra Stato e Antistato, ma pone la sua attenzione su “quelle parti dello Stato che non hanno fatto quello che dovevano fare”. Su esse – attenzione a queste parole – c’è un passato “da ricostruire”, e per giunta “attentamente”: il che – se interpretiamo correttamente – vuol dire che bisogna fare luce sui numerosi “buchi neri” che hanno caratterizzato la vita politica del nostro Paese. Non sappiamo a quale periodo De Raho fa riferimento, ma comunque colpisce il suo ragionamento, perché fa intendere quali potrebbero essere le intenzioni della Procura nazionale antimafia, che da poco si avvale anche di un investigatore di altissimo livello come Antonino Di Matteo, Pm del processo Trattativa, oggi assurto ai massimi livelli della Procura nazionale antimafia come procuratore aggiunto. Poche parole che sembrano distanti anni luce da quelle pronunciate pochi anni fa dall’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, ex presidente del Senato: “Il governo Berlusconi ha varato i più importanti provvedimenti antimafia degli ultimi dieci anni”.

Oggi De Raho non pronuncia direttamente il nome dell’ex presidente del Consiglio, ma fa comprendere a chi sono rivolti i suoi giudizi: “Io credo che – afferma il procuratore – la sentenza dà conferma di una ricostruzione che era quella alla quale si guardava nell’ambito dell’esame delle stragi, soprattutto quelle in cui hanno trovato la morte Falcone e Borsellino, della presenza cioè di soggetti estranei alle mafie e interni a gruppi in grado di influire in modo lesivo sulla nostra democrazia”.
La sentenza – ha aggiunto – “dà certezza della ricostruzione della verità: che certi soggetti hanno avuto rapporti con la mafia, sono arrivati a una sorta di accordo e così hanno legittimato la mafia”. Un ragionamento semplice ma vero, che ci saremmo aspettati, in passato, anche da altri rappresentanti dello Stato. Eppure – anche se tardivamente – certi segnali stanno arrivando. Forse è presto – lo abbiamo scritto nei giorni scorsi – per parlare di “svolta”, però certi messaggi incoraggiano quella parte sana del nostro Paese che crede, malgrado tutto, nelle istituzioni e nello Stato di diritto. 

Il cadavere di Attilio Manca

 

Adesso ci aspettiamo che De Raho e Di Matteo prendano una posizione decisa sui casi irrisolti di questo Paese, a cominciare da quello di Attilio Manca, che con la Trattativa Stato-mafia potrebbe essere collegato. “Potrebbe”, certo, ma non ci sono prove, non perché le ha nascoste lo Spirito Santo, semplicemente perché non sono state cercate (nella migliore delle ipotesi), perché sono state ignorate (ipotesi di mezzo) o addirittura perché sono state occultate (ipotesi peggiore). Nel caso Manca tutte e tre le ipotesi si intrecciano. E se mentre fino a qualche tempo fa pensavamo che tutto questo fosse frutto delle sciatterie giudiziarie dei magistrati che si sono occupati del caso (segnatamente quelli di Viterbo), oggi abbiamo l’impressione che sia il risultato di qualcosa di molto più complesso che vede coinvolti anche pezzi della politica (vedi la relazione di maggioranza Centrodestra-Centrosinistra della Commissione parlamentare antimafia), con una posizione che non riusciamo ancora a decifrare da parte dei magistrati di Roma, che dopo le dichiarazioni dei pentiti indagano sulla vicenda dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). I procuratori Pignatone e Prestipino hanno chiesto l’archiviazione del caso. Adesso spetta al Gip decidere. Soltanto dopo tale decisione capiremo meglio.

Ma se veramente c’è “un passato da ricostruire attentamente”, il caso Manca è un segmento significativo di esso. E va scrutato per rispetto della verità. Qualunque essa sia. Purché sia la Verità.

Luciano Mirone