Ci stanno facendo credere che si tratta di vicende vecchie, chiuse e sepolte. Che non serve guardarci dentro. Invece si tratta di un processo che racconta quanto è successo e succede nel nostro Paese. E soprattutto perché. E’ il processo sulla trattativa Stato-mafia. Ascoltando le requisitorie dei Pubblici ministeri si vede scorrere la storia del nostro Paese. Una ricostruzione di quanto emerso in tutte le udienze, testimonianze, dichiarazioni, indagini, di questi anni. Un grande lavoro. Difficile, molto ostacolato. Importantissimo. Qualcosa di grande, di bello, per tutti noi.
Un processo che  non riguarda solo gli imputati né tantomeno i magistrati. Riguarda tutti. Anche se la maggior parte delle persone non se ne rende conto. Nonostante i tanti “non ricordo”, i “non so”, i “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”, le contraddizioni e le negazioni (omertà e reticenze in particolare politico-istituzionale) sono emerse clamorose rivelazioni ed elementi probatori solidi ed evidenti a sostegno della tesi dei Pm.
C’è un grande silenzio attorno a tutto questo.
I media non  svolgono, tranne eccezioni,  il loro compito, il loro dovere di informare. Hanno fatto calare un sipario su quello che è uno dei processi più importanti di questi anni.
Più si è andati “oltre” più sono stati i tentativi di affossare il processo, di screditare e colpire chi lo porta avanti, e chi vi ha dato il suo contributo.

Un momento del processo Trattativa Stato-Mafia (foto Bruna Bovo). Sopra: i Pubblici ministeri (foto l’Onesto)

Talvolta se ne è parlato, quando non se ne è potuto fare a meno, tanto eclatanti e gravi erano le circostanze, e ci riferiamo soprattutto alle minacce di morte, o meglio ai veri e propri ordini di morte lanciati da Totò Riina dal carcere nel quale era sottoposto al 41 bis, nei confronti del Pm Di Matteo. Un fatto che per alcuni è stato occasione per sferrare attacchi, fare insinuazioni generando un clima di isolamento e di delegittimazione mediatica ed istituzionale.
Oppure in occasione delle intercettazioni Mancino-D’Ambrosio, alle quali è seguito un conflitto di attribuzione di poteri sollevato da parte dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che è stato deleterio per il processo e per le indagini creando un vero e proprio stallo, uno stop.
Di quest’ultima vicenda, ripresa nella ricostruzione dei fatti nelle requisitorie dei Pm, si era sollevato un coro generale a difesa del Capo dello Stato, ed attacchi alla Procura di Palermo che in applicazione del principio costituzionale “la legge è uguale per tutti” aveva  ritenuto di convocare Napolitano come testimone nell’ambito del processo.
Delle intercettazioni Mancino-D’Ambrosio i più hanno taciuto sul fatto che l’ex ministro Nicola Mancino è stato assecondato nelle sue richieste (“il Presidente ha preso a cuore la questione”), mentre avrebbe dovuto essere invitato a presentarsi davanti ai magistrati e a riferire tutto ciò di cui era a conoscenza.
Testimonianza che nonostante fosse stata ritenuta irrilevante, ha dato importanti conferme, fra cui queste: “I pubblici poteri furono messi di fronte a degli aut aut perché potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure soprattutto di custodia in carcere dei mafiosi”. “Un ricatto o addirittura una pressione a scopo destabilizzante  di tutto il sistema” (verbali resi pubblici).
I fatti emersi molto scottanti sono tanti.
Di tutto questo l’opinione pubblica è stata tenuta all’oscuro, oppure ha ricevuto una informazione molto scarsa e/o falsata (salvo poche eccezioni).
Su certe vicende, la popolazione non deve sapere niente: finché non se ne parla è come se non esistesse. Non sia mai che l’opinione pubblica si ponga domande, che si renda conto della realtà inquietante ed attuale che ha di fronte, che capisca che questo è un processo che imbarazza tutti e che, come riferì Agnese Piraino, moglie del giudice Paolo Borsellino, “se si sapesse la verità salterebbe in aria l’intero Paese”.

L’ex ministro Nicola Mancino

Chi è coinvolto sa benissimo che salterebbero molti equilibri. E l’oscuramento  del processo è potuto avvenire perché  chi detiene quei segreti, ha il potere su tutto e su tutti.  Se i media sono assenti (ci saranno forse quando sarà la volta dei difensori degli imputati?!) c’è una parte della popolazione interessata o potenzialmente interessata.
Ma in generale si assiste ad una mancanza di seguito, di attenzione e di considerazione. Pare siano sempre altre le cose e gli impegni più importanti.
In parte purtroppo questo disinteresse  è reale, in  parte riteniamo che si tratti di sia un falso disinteresse, o meglio, di un disinteresse indotto, conseguenza della strategia della distrazione di massa, che dirotta l’attenzione su fatti minori mentre sotto silenzio possano passare le cose peggiori, in modo che certe verità possano restare sconosciute, nascoste.
La parte sana dell’opinione pubblica è necessario che si faccia cittadinanza attiva, partecipe, che sa cosa vuole e da che parte stare rispondendo con l’urlo della non rassegnazione, rivendicando il diritto di tutti ad essere correttamente informati e difendendo la propria dignità.
La rivoluzione culturale è lunga ed impegnativa. Ma parte da noi e richiede lo sforzo di tutti. Il passato non si può cambiare. Ma il passato non è passato. Quel “sistema” si è rafforzato ed è molto forte nel nostro Paese.
Quando si parla di rapporti mafia-politica-imprenditoria-massoneria, alcuni rispondono: “è la scoperta dell’acqua calda”. Eppure c’è chi in ogni modo vuole negare anche l’esistenza dell’acqua calda. Tanti ancora definiscono la trattativa “presunta”, quando la trattativa ci fu, è scritto nelle motivazioni della “sentenza Tagliavia” del 2012 al processo per le stragi del ’93.

La Corte di Assise di Firenze presieduta da Nicola Pisano lo ha messo nero su bianco: Lo Stato avviò una trattativa con Cosa Nostra, una trattativa che “indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des” per interrompere la strategia stragista di Cosa Nostra”. “L’iniziativa fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia”.

“L’obiettivo che ci si prefiggeva, quantomeno al suo avvio, era di trovare un terreno d’intesa con ‘Cosa Nostra’ per far cessare la sequenza delle stragi”.
Qualcuno vorrebbe raccontare la storia a modo suo, ne vorrebbe far conoscere una versione altra dalla verità. Ma comunque andrà, certi personaggi non ne escono affatto bene. Tutte le vicende che fanno parte di questo processo, compongono un puzzle, quasi tutti i pezzi ci sono e hanno fatto uscire chiaro il disegno. Solo affrontando le ombre del passato che si allungano sul presente, conoscendo la verità e  smascherando le menzogne possiamo interrompere questo corso.

Bruna Bovo