Era considerata la più bella prostituta di Torino. E anche la più pagata. Martine Beauregard, venticinque anni, origini francesi, capelli a caschetto, avvenente, bruna, sempre sorridente, il 18 giugno 1969 fu trovata morta a Vinovo, nella zona dell’ippodromo: soffocamento, stabilì l’autopsia. Era nuda e con dei segni sul corpo: qualcuno potrebbe avere infierito su di lei.

La notizia finì su tutti i giornali. La “bella di notte” (come era definita) era contesa a fior di quattrini dai personaggi più danarosi della città, capitani d’industria, ereditieri, aristocratici, qualche “cumenda” della vicina Milano che faceva la spola con Torino per stare un po’ con lei. Un giorno di quarantotto anni fa la vita di questa bellissima donna della borghesia torinese, tanti sogni nel cassetto (voleva fare l’ostetrica), finita in quel giro per qualche storia d’amore andata male, fu spezzata nel fiore degli anni da qualcuno di cui non si è mai saputo il nome.

La pagina di cronaca de La Stampa. Sopra: Martine Beauregard

Il fatto sconvolse la città, specie certi ambienti che ebbero paura di finire sulla bocca di tutti e sui giornali. C’era il rischio di essere additati come chi va con “una di quelle”, e questo all’epoca non stava bene, specie se si pensa che eravamo nell’Italia bacchettona degli anni Sessanta, un’Italia pronta a scandalizzarsi per un bacio visto al cinema, ma tollerante nei confronti perfino di chi commetteva il delitto d’onore, perdonato perfino dai Codici. Figuriamoci…

Il commissario di pubblica sicurezza Giuseppe Montesano era uno tosto, uno sbirro all’antica che sembrava uscito dalla penna di Carlo Emilio Gadda: amava andare al sodo e a non perdersi in inutili barocchismi investigativi. Per questo delitto, invece, non riuscì a cavare un ragno dal buco. Neanche quando fu interrogata una collega di Martine, la quale disse che, prima di morire, l’amica era salita su una Fiat 125 di colore bianco. Un indizio importante, che finì nel nulla.

Chissà mezzo secolo dopo quale sarebbe stata la reazione del commissario Montesano alla notizia che il caso potrebbe avere buone possibilità di essere riaperto. È stata la testimonianza di una donna – secondo l’Ansa – a portare i magistrati torinesi a rioccuparsi delle indagini. Peccato che al Palazzo di giustizia di Torino il vecchio fascicolo non si trovi. Non sono in pochi in città a pensar male: magari si fa peccato, ma ogni tanto si azzecca, come diceva qualcuno che di carte sparite se ne intendeva.

Un paradosso che priverà il pm Andrea Padalino di quella memoria storica fondamentale per riesumare un cold case come questo. La donna che oggi ha fatto queste clamorose rivelazioni ha detto che l’assassino di Martine Beauregard sarebbe stato lo zio del marito: quest’ultimo, in punto di morte, le avrebbe rivelato il segreto. Peccato, anche in questo caso. Perché lo zio, subito dopo la morte della prostituta, riparò in Sud America facendo perdere le sue tracce. Tornò quando gli inquirenti avevano arrestato altra gente che col delitto di Martine non c’entrava niente. In compenso lui ha continuato a vivere tranquillamente la sua vita da ricco imprenditore.

La polizia sul luogo del ritrovamento dopo la morte della donna

Sarebbe carino cercare di capire se le carte sparite al Tribunale siano frutto solo del caso, così come sarebbe simpatico comprendere perché questo caso non è stato risolto.

Allora il primo ad essere arrestato fu tale Ugo Goano, compagno e protettore di Martine, che però fu assolto tre anni dopo per insufficienza di prove.

A un certo punto entra in scena uno strano personaggio fra il bizzarro e il mitomane che si auto accusa del delitto. Si chiama Carlo Campagna, è un play boy, frequenta i night, tutti lo chiamano Charlie Champagne per il suo carattere esuberante e frizzante. Figlio di un industriale, “non ricco, ma benestante”, come lo definisce il quotidiano La Stampa di Torino, “ma con tanti debiti”, Champagne parla con Montesano : “La Beauregard l’ho ammazzata io”. E comincia a dare una spiegazione che non convince gli investigatori, al punto che qualcuno ancor oggi fa due ipotesi: o Charlie Champagne era un mitomane o proteggeva gente di un certo tipo.

Addirittura nel 2010 La Stampa lo intervista e a una precisa domanda sul delitto Beauregard lui risponde: “Chi lo sa? Ero giovane. E anche strafatto”. E poi sibillinamente: “Se non ci fosse stato Montesano magari la storia andava in un altro modo”. In che senso? Champagne non lo dice. Ma è una battuta che è tutto un programma. E nella frase successiva si dimostra più sibillino di prima: “C’era la tv fuori dalla porta della questura, c’erano i giornali”, come a voler dire: troppo clamore per un delitto del genere, meglio affogare tutto nel silenzio. Che per mezzo secolo ha coperto tutto.

Carlo Campagna, al secolo Charlie Champagne

In ogni caso, lui da questa storia ha avuto parecchia notorietà (e successo) soprattutto con le donne: ”Una sera sono in un ristorante, mi alzo e vado in bagno. Dietro di me arriva una bella donna, mi ferma e mi fa: ‘Al tavolo mio marito e il suo amico non hanno fatto altro che parlare di lei, e molto male. Io non ho resistito e sono venuta a conoscerla’. Mi diede il numero di telefono, ci vedemmo qualche volta”.

Cinquant’anni dopo la storia di Martine Beauregard potrebbe avere degli sviluppi. Anche perché parecchia gente che andava con lei è ancora viva.

Luciano Mirone