‘U fungiaru. Dalle parti dell’Etna è una figura antica e romantica. Lo vedi stazionare nelle piazze e nelle vie principali dei paesini. E’ il raccoglitore e il venditore di funghi. Questo articolo è dedicato a una di queste figure, uno dei “simboli” dell’Ottobrata di Zafferana, passato a miglior vita nei giorni scorsi ad ottantasette anni: Giovanni Torrisi. Torrisi era un personaggio semplice. Questa l’intervista che qualche tempo fa abbiamo fatto a lui e a un collega.

Una passione appresa da bambino. Giovanni Torrisi, sguardo gentile, aria pacata, raccoglie i funghi dall’età di 15 anni. Lo ritrovi ogni giorno nella sua postazione del mercatino rionale di via Garibaldi, di fronte alla piazza del Mercato. “La mia è una passione che nasce dall’amore per la campagna – spiega – . Fin da bambino amavo camminare. In un primo momento la raccolta dei funghi si faceva per la famiglia. Col tempo ho cominciato a venderli in piazza, poi a Fleri e a Monterosso”.

Ci racconti un’annata memorabile.

“Era il 1995. Ogni mattina mi alzavo di buon’ora e mi recavo a Monte Cicireddu, vicino Trecastagni. C’erano così tanti funghi che riuscivo a raccoglierne anche 12, 15 chili al giorno. Alle 10, dopo la raccolta, ero già nella mia postazione, pronto per la vendita. C’era una tale abbondanza di funghi che non sempre riuscivo a vendere tutto: quanto restava invenduto lo conservavo per me”.

Come si fa a diventare bravi “fungiari”?

“In questa materia solo l’esperienza è maestra di vita, non ci sono scuole che possono insegnare qualcosa. Generalmente noi ‘fungiari’ abbiamo i cosiddetti ‘posti’ in cui troviamo i funghi a colpo sicuro. Un paio di settimane fa ho trovato un fungo che pesava 850 grammi. Una meraviglia! Sono tornato nello stesso posto a distanza di 10 giorni e ne ho trovato un altro di 300 grammi”.

 

Ci spostiamo nella zona di Fleri ed incontriamo un altro raccoglitore: Michelangelo Giuffrida, 69 anni: “Ciao Micheli”, gli grida qualcuno che, passando dalla strada con la macchina, rallenta e gli fa: “Belli sti iacuneddi”. Giuffrida ha imparato a raccogliere i funghi dall’età di 7 anni. “Andavo con mio padre, che faceva il pastore, appresso alle pecore: lui mi ha insegnato come raccoglierli, come riconoscerli e dove cercarli”.

In tutta la sua lunga esperienza c’è qualche annata che ricorda particolarmente?

“Altro che eccezionale, incredibile anche a credersi. Era il 1965. All’epoca non c’era la massa di fungiari che circola oggi per le campagne. I funghi si trovavano a tappeto. Un giorno andai sui Nebrodi col mio amico Pasquale Foti e ne trovammo così tanti da riempire la Millecento. La stipammo fino all’orlo e ne rimasero fuori 500 chili che lasciammo sul posto con l’intento di riprenderli l’indomani”.

E l’indomani cosa successe?

“Ripartimmo di buon’ora, passammo da un altro posto dove nel frattempo c’erano funghi a tappeto. Raccogliemmo quelli e ci scordammo quelli della sera precedente”.

Il segreto?

“Dopo decenni di esperienza conosco uno ad uno i ‘posti’. Altro elemento da tenere in considerazione è la pioggia. Dopo un po’ d’acqua autunnale e il calo della temperatura, nei boschi comincia a crescere l’erbetta. È il segnale per partire. Un consiglio che do è quello di non rovistare tra le foglie che si trovano in superficie, il terreno non va mai smosso. Per raccogliere funghi giro tutta la Sicilia, dall’Etna a Palermo, dal Casale Floresta a tutto il messinese”.

Con una punta d’orgoglio dice: “Una passione per la quale credo che non mi superi nessuno. Quando decido di partire so già dove li troverò, nei boschi di Zafferana o di Milo o in qualche altro punto sperduto dell’isola”.

Rosalba Mazza