Questo è un articolo dedicato a una persona che voglio bene e che stimo: Pippo Spampinato, degno rappresentante della grande tradizione del teatro di Belpasso, artista “di prima” (come si dice da queste parti) che mi ha insegnato ad amare il palcoscenico. Avevo cinque anni quando, per la prima volta, assistetti a un’opera teatrale. Era “La giara” di Pirandello e Pippo faceva la parte di Zi Dima, l’uomo che resta intrappolato in questo gigantesco vaso di terracotta senza sapere come uscirne. Fu un pomeriggio fantastico, per la prima volta entravo nell’atmosfera vibrante e magica del teatro, dopo avere assaporato, tempo prima, quella sognante e fantasmagorica del cinema. Alla fine dell’opera volli conoscere Zi Dima. Volevo comprendere la differenza fra il personaggio dentro la giara e la persona vera. Accompagnato da zio Nino andai nei camerini. Poco dopo mi trovai al cospetto di una bella persona, gentile, aperta, pacata (come i belpassesi di un tempo) diversa dal personaggio collerico ed esilarante che avevo visto un attimo prima. Ancor oggi, quando mi trovo in un teatro, non posso fare a meno di pensare a Pippo Spampinato che mi ha insegnato la bellezza del palcoscenico e la dolcezza del sorriso. Attraverso questo pezzo vorrei ringraziarlo, spiegando al lettore, nelle righe che seguono, i motivi che mi hanno spinto a scrivere di lui.

Pippo Spampinato. Sopra: in “Annata ricca massaru cuntentu”

Pippo Spampinato è il decano del teatro belpassese. Un simbolo ancora in attività. Per questo nei giorni scorsi l’Amministrazione comunale di Belpasso gli ha reso onore, tributandogli il prestigioso riconoscimento di Cittadino Benemerito. Un titolo meritatissimo, perché Pippo Spampinato, attore, regista e commediografo, va annoverato fra i cittadini più illustri di Belpasso, al pari di due concittadini come i commediografi Nino Martoglio e Antonino Russo Giusti – quest’ultimo suo amico e Maestro – che ancor oggi, dopo molti anni dalla loro morte, riscuotono successi dappertutto.

Ecco perché la motivazione con la quale, nel 1989, gli è stato conferito il Premio nazionale “Nino Martoglio”, calza a pennello: “A Giuseppe Spampinato per la intensa attività teatrale che lo ha visto interprete sensibile e commediografo brillante della drammaturgia vernacolare che ha vivificato con strumenti di una instancabile operosità sempre tesa verso intelligente lavoro di programmazione culturale”.

Con oltre venti commedie rappresentate in Italia e all’estero, una tradotta in russo (“Fru Fru”), due in bulgaro (“Sicilia Okay” e “L’ultimu carrettu”), nonché una tesi di laurea sul suo teatro, Spampinato è il degno erede dei due grandi della commedia dialettale, al punto che un Mostro sacro come Turi Vasile, a proposito di uno dei suoi lavori più rappresentativi scrive: “Sicilia Okay mi ha trascinato nell’universo lontano dei miei nonni, di mia madre, della Belpasso della mia infanzia e della mia adolescenza, quando ero felice e non lo sapevo”. E poi: “Ogni battuta, ogni espressione, ogni comportamento dei personaggi mi hanno riportato il fascino di un linguaggio idiomatico che ritenevo perduto. Ritrovavo parole, frasi, modi di dire di una civiltà contadina che dava più risposte di quest’era tecnologica angosciosa”. Parole importanti. Che Pippo Spampinato commenta con il proverbiale sorriso, senza scomporsi, rimanendo umile.

Spampinato con l’attore catanese Miko Magistro

Badate bene: quando parliamo di “teatro belpassese” (o di “scuola belpassese”) mica parliamo di una cosa così. Facciamo riferimento ad una tradizione dialettale che in Italia ha pochi pari. Basti pensare alla “Brigata d’Arte Martoglio” – fondata dallo stesso Russo Giusti subito dopo la guerra  e rifondata da Spampinato diversi anni dopo – una formazione che per “anzianità” supera addirittura la compagnia del “Piccolo Teatro” di Milano creata da Giorgio Streheler.

Ebbene: in questo contesto, Pippo Spampinato (classe 1933), dagli anni Cinquanta in poi ha svolto un ruolo fondamentale, diremmo determinante. Sia per le commedie che ha scritto (fra le altre, “Giorno di festa”, “Un capriccio di Luisella”, “La moglie perfetta”, “Il ritratto”, “Commedianti”, “Il baule”) sia per il ruolo di regista e di attore che in tantissimi anni di palcoscenico ha svolto brillantemente.

Pippo Baudo e Pippo Caruso

E forse non è un caso che nell’adolescenza si ritrovò come compagno d’arte un altro grande belpassese, il musicista Pippo Caruso (Maestro d’orchestra alla Rai) e poi, mentre frequentava l’Università, nientemeno che Pippo Baudo (della vicina Militello in Val di Catania), con cui fondò il Gruppo artistico universitario.

“Avevamo messo in piedi una compagnia che recitava al Circolo artistico di Catania e nelle feste della matricola”. Poi il destino dei tre si divise. Caruso e Baudo si trasferirono a Roma. Lui, per scelta, restò a Belpasso, ma artisticamente non aveva niente da invidiare ad altri uomini di teatro che hanno sfondato altrove. E a Belpasso, da allora, ha svolto un’attività incessante affinché il teatro continuasse sulla scia di Martoglio e di Russo Giusti.

“Gli anni Cinquanta – dice – furono quelli in cui si rappresentarono i primi testi di Pirandello. C’erano Santo e Peppino Caserta, due colonne del teatro nostrano: Peppino era un grande attore, aveva le carte in regola per sfondare, andò perfino a Cinecittà, poi preso dalla nostalgia tornò a Belpasso. Santo non era da meno, anzi, successivamente diventò addirittura più bravo”.

Quando qualche anno dopo Pippo si trasferì a Catania, il teatro belpassese – anche per la concomitante morte di Russo Giusti – chiuse i battenti. Li riaprì al suo ritorno a Belpasso: “Vennero a casa mia due giovani promettenti, Mimmo De Luca e Mario Sangani (altra colonna del teatro belpassese, ndr) per propormi di rifondare la Brigata d’Arte”.

Era il 1962. Da allora per la compagnia belpassese e per Pippo Spampinato – grazie anche al contributo di Nino Manuli, Pippo Mirone, Nino Leonardi, Mario Morabito, Nino Signorello, Alfio Balsamo – è stato un susseguirsi di successi.

“In estate recitavamo all’arena Caudullo, in inverno al cinema Eden. Poi affittammo i locali della Fenice e da allora la sede è rimasta lì”. Centinaia i lavori ai quali ha partecipato, sia come regista che come attore protagonista. Poi, per alcuni anni, è stato direttore artistico del Gruppo artistico Città di Belpasso. Oggi continua con la sempre amata “Brigata d’Arte Martoglio”, ma non disdegna regie nelle compagnie giovanili. Con entusiasmo dice: “Ci sono tanti giovani interessanti. Se guidati opportunamente possono fare delle buone cose. Io sono disposto a guidarli”.

Luciano Mirone