La notizia è inquietante. Lo studio legale che difende Massimo Ciancimino  subisce il furto di un vecchio computer portatile dove sono contenuti gli atti dei processi che vedono come super testimone il figlio dell’ex sindaco di Palermo. Il fatto strano è che hanno rubato solo quel pc (per giunta superato), mentre il resto è rimasto al suo posto, compreso un pc del valore di 5mila euro che nessuno si è preso la briga di trafugare. Singolare anche il fatto che i malviventi siano entrati solo nella stanza dove era conservato quell’apparecchio trascurando le altre.

“Un segnale molto grave – dice a caldo Adriana Stazio, una delle studiose più attente del “caso Ciancimino” e del processo Trattativa – Una minaccia che colpisce la difesa di Ciancimino proprio in questo momento”.

I ladri sono entrati nello studio degli avvocati Dario e Roberto D’Agostino dopo aver forzato la porta d’ingresso, rubando il portatile e l’Ipad della collega Claudia La Barbera, in cui sono contenuti atti molto importanti del processo Trattativa in corso a Palermo. Ma perché Adriana Stazio associa il furto di ieri con “questo” momento?

Si tratta di un periodo particolare del processo Trattativa. Massimo Ciancimino non arretra di un millimetro nelle sue deposizioni contro pezzi deviati dello Stato e mostra l’intenzione di andare fino in fondo. Chi pensava che il super testimone uscisse indebolito dal recente arresto e magari desistesse dal durissimo j’accuse che da alcuni anni sferra nei confronti di uomini delle istituzioni, si sarà ricreduto.

Il fatto di rubare – con un’azione “chirurgica” molto precisa – solo due apparecchi elettronici di modesto valore, tralasciando il resto, non è dovuto tanto a sottrarre gli atti processuali (che possono essere riprodotti nel giro di qualche giorno), quanto a lanciare un messaggio chiaro e inequivocabile.

Non va dimenticato infatti che Massimo Ciancimino è stato arrestato per una condanna in via definitiva a 3 anni per detenzione di esplosivo. Per questo motivo la procura di Palermo ha chiesto e ottenuto di revocargli l’indulto concessogli dopo una condanna a 2 anni e 8 mesi per riciclaggio: dovrà ora scontare entrambe le pene, dalle quale va sottratto il periodo di detenzione subito dall’imputato durante la custodia cautelare in carcere. Come scritto nei giorni scorsi, la sua posizione giudiziaria potrebbe aggravarsi, perché attualmente Ciancimino jr. è sotto processo a Caltanissetta e a Palermo, rispettivamente per calunnia e per concorso in associazione mafiosa nel dibattimento sulla “trattativa”, dove però è anche testimone.

Totò Riina (foto Repubblica Palermo). Sopra: Massimo Ciancimino

Per questo la situazione è certamente delicata, specie se si pensa che l’altro giorno in udienza, per la prima volta nella sua vita, perfino un boss irriducibile come Totò Riina ha manifestato la volontà di rispondere alle domande di magistrati e avvocati. Un fatto anomalo, ma sicuramente carico di significati, verificatosi a fine giornata. La seduta è stata rinviata al 16 febbraio, ma nel frattempo cosa sta succedendo nel sottosuolo del processo Trattativa? E cosa vuole dire Riina di così urgente? Non lo sappiamo. Probabilmente vuole lanciare dei messaggi a certi pezzi dello Stato i quali, malgrado le promesse, lo tanno facendo marcire nelle Patrie galere, ma è possibile che uno dei principali destinatari di tali messaggi sia proprio lui, il figlio di don Vito. Che per i gusti di uno come Riina sta parlando troppo.

Il primo messaggio dopo l’arresto di Ciancimino è arrivato: ieri aveva le sembianze di un computer un po’ obsoleto. E in futuro?

Luciano Mirone