Viaggio nella città al buio dove il Comune non ha neanche i soldi per pagare l’Enel e l’Enel (a causa di 20 milioni di arretrato) ha staccato la luce in interi quartieri come Librino, ventimila abitanti, che oggi più che mai sembrano una via di mezzo tra il Bronx e Medellin.

Viaggio nella città dove la spazzatura sommerge le strade e le piazze, le strade sono piene di buche, la villa Bellini (un giardino pubblico fra i più belli d’Italia chiuso da mesi per lavori in corso rischia di non aprire i battenti chissà per quanto tempo), i bulli scorazzano indisturbati in via Etnea, soltanto il 39 per cento dei cittadini (4 su 10) paga le tasse.

Viaggio nella città dove ogni giorno centinaia di dipendenti delle cooperative sociali assediano il municipio perché da molti mesi non vengono pagati, e gli impiegati comunali vivono l’incubo di rimanere senza stipendio in quanto nelle casse del Comune non c’è più il becco di un quattrino, e i più poveri non sanno dove sbattere la testa perché non hanno neanche i soldi per pagare la bara per un congiunto deceduto: l’impresario delle pompe funebri che ha l’appalto col Comune è stato categorico: non consegnerà casse da morto fino a quando non prenderà gli arretrati.

Viaggio nella nona città d’Italia, cinquant’anni fa definita la “Milano del Sud” per vivacità imprenditoriale, ma in tempi più recenti – quelli della Giunta Bianco – assurta a modello grazie agli investimenti nel campo della microelettronica e alla “movida” nelle strade del centro storico.

Oggi ci sono solo debiti a Palazzo degli elefanti – sede del municipio – debiti contratti negli otto anni della giunta Scapagnini. Una voragine finanziaria paurosa da cui non si sa come uscire. I numeri sono contraddittori ma la situazione è drammatica. Il ragioniere generale parla di un disavanzo di 350 milioni di Euro, una somma formatasi soprattutto fra il 2003 e il 2004, “periodo in cui”, spiega Rosario D’Agata, consigliere comunale del Partito democratico, “l’amministrazione comunale ha gonfiato le previsioni per effettuare delle spese che non avrebbe dovuto fare”. A questi vanno aggiunti circa 600 milioni di mutui contratti e non pagati. Va giù duro l’ex deputato dei Comunisti italiani, Orazio Licandro: “Già il 7 luglio 2007 gli ispettori del ministero delle Finanze accertarono un buco di 850 milioni. Ma il centrodestra catanese all’unisono minimizzò parlando di conti sotto controllo. Oggi, come ammette la stessa Ragioneria comunale, viaggiamo oltre al miliardo. Per sanare questa situazione ci vorranno almeno vent’anni di buona ed oculata amministrazione”.

E quei cittadini che ogni giorno affollano l’antistante piazza Duomo vogliono la testa del medico personale di Silvio Berlusconi, sindaco fino ad appena tre mesi fa. Ma Umberto Scapagnini non c’è: è stato eletto al Senato grazie alla nuova legge che non prevede preferenze, un salvacondotto blindato per evitare grane, ed ecco che oggi la folla vuole conto e ragione dal nuovo primo cittadino Raffaele Stancanelli, ex deputato regionale di Alleanza nazionale. Che ha scritto a Berlusconi chiedendo una anticipazione per pagare gli stipendi e qualche arretrato, impegnandosi a stilare un Piano di risanamento per i prossimi anni. Berlusconi ha promesso, ma molti sono scettici, compresi i giornalisti del “Sole Ventiquattrore” che studiano da vicino il nuovo “Caso Catania”.

Fra la gente presente in piazza si fa il nome di un altro pezzo da Novanta della politica catanese, quello di Raffaele Lombardo, leader di quel Movimento per l’autonomia (Mpa) che in questi anni ha ricevuto valanghe di voti ottenendo maggioranze dappertutto, in Consiglio comunale, in Giunta, nel sottogoverno, nelle aziende a partecipazione pubblica. La sua carriera è stata fulminante nell’ultimo decennio: vice sindaco di Scapagnini dal 2000 al 2003. Presidente della Provincia fino alla scorza estate. Presidente della Regione oggi. A Catania i maggiori responsabili del disastro sono scomparsi. Fuggiti? Neanche per idea. Semplicemente premiati dal voto popolare.

L’impressione è che questa città lasciata senza luce in tutti i sensi somma una serie di problemi vecchi e nuovi che non si sa se e quando saranno risolti, ma soprattutto decreta il fallimento di una classe dirigente che per otto anni l’ha governata. Per giorni e giorni, con le strade al buio, le montagne di immondizia hanno riempito le vie del centro e della periferia mentre i roghi bruciavano i cassonetti. Una scena surreale e drammatica. Gli operai della ditta addetta alla raccolta hanno scioperato perché il Comune – gestore del servizio di nettezza urbana, in attesa dell’affidamento all’Ato – è insolvente anche con loro. La situazione è stata provvisoriamente risolta. Ma potrebbe riesplodere da un momento all’altro. In compenso al Comune succede che, malgrado questo, i 65 dirigenti sono stati premiati con un compenso di circa 2 milioni di Euro grazie a tre parole magiche: indennità di obiettivo. In parole povere hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati. Quali non si sa. Ma questo è solo l’epilogo. L’elenco dello sperpero è lungo e variegato. Ricordate alcuni anni fa quando il sindaco – malgrado i dubbi dell’avvocatura comunale – a due giorni dalle elezioni ordinò un contributo per i dipendenti danneggiati dalla cenere vulcanica? Due giorni dopo il medico di Berlusconi vinse alla grande contro il favorito Enzo Bianco, ma alcuni anni dopo scattò l’inchiesta e il neo senatore di Forza Italia si beccò una condanna in primo grado. Poi ci sono fatti che l’opinione pubblica sconosce del tutto. Come quello dei vigili urbani promossi in massa ad ispettori. Oggi al municipio di Catania sono tutti graduati. Ovviamente con uno stipendio adeguato. Di agenti semplici ne sono rimasti solo cinque. A dirigere il traffico di una città di cinquecentomila abitanti dove ormai si posteggia anche in quinta fila. Per non parlare delle cifre incredibili per pagare esperti, collaboratori, ex assessori diventati consulenti dell’ufficio che avevano occupato fino al giorno prima. Un esercito di persone pagato profumatamente dal Comune. “La cifra dello sperpero”, dice Rosario D’Agata, “va dai 5 ai 7 milioni di Euro”. 20 milioni di Euro è invece la passività che ogni anno il Comune paga per l’azienda municipale trasporti. Più o meno quanto versa per l’azienda del gas, in altre città quasi sempre in attivo. A queste “perle” si aggiungono gli 8 milioni di ingiunzioni fatte da cittadini per i danni causati dalle buche stradali. Danni ad automezzi o a persone che il Comune non può pagare perché da sei anni non è coperto da polizza assicurativa. Ma il coniglio che la giunta Scapagnini ha tirato fuori dal cilindro si chiama Catania Risorse, una società creata ad hoc il 31 dicembre 2006 per evitare il dissesto finanziario. Secondo la delibera, la società avrebbe ripianato la posizione debitoria attraverso una serie di prestiti alle banche che ormai – vista l’insolvenza del Comune – essa stessa avrebbe dovuto contrarre, dando in garanzia alcuni immobili di proprietà dell’Amministrazione municipale. “Praticamente”, seguita Rosario D’Agata, “Catania Risorse si prefiggeva di ottenere dei soldi per conto del Comune che non potevano essere ottenuti direttamente dal Comune”. La cosa si smontò subito per l’intervento della Corte dei conti, del ministero del Tesoro, e dell’Istat. Peccato che nel frattempo l’Amministrazione comunale ha dovuto sborsare altri quattrini per le spese sostenute. “La verità”, prosegue l’ex deputato dei Comunisti italiani, “è che il buio che vive la città è la metafora del buio della ragione e della morale che Catania ha smarrito da tempo. Qualunque altra città avrebbe reagito. Catania no. Purtroppo qui tanta gente è compartecipe di questo sfascio perché ha tratto profitto attraverso prebende distribuite a tutti i livelli. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.